lunedì 23 novembre 2009

Brandacujun !

Grazie a Cesare sabato 21 è stata la giornata del "brandacujun"... squisito piatto ligure e marinero.

In mattinata Cesare, Antonio, Mauro, Tino ed io ci siamo trovati a Bergeggi per una tranquilla pagaiata sino a Varigotti e ritorno.

Il mare era calmissimo (piatta a capo Noli!) e ci siamo pertanto goduti una pagaiata in totale relax.















A ritorno abbiamo cercato un po' di acqua mossa vicino alle piccole grotte che il mare scava incessantemente nelle scogliere di calcare
Anche nelle giornate di calma la sola onda lunga di fondo "ingavona" dell'aria nelle grotte facendo delle piccole esplosioni di schiuma che contribuiscono al lavorio del mare.
Questo effetto si crea con le scogliere di calcare e non lo avevo mai notato nel levante ligure dove si hanno altre tipologie di roccia
















Una volta rientrati al punto di partenza abbiamo mangiato tutti assieme in spiaggia gustando l'ottimo brandacujun fatto da Cesare.

Tutti abbiamo apprezzato così tanto che abbiamo subito chiesto la ricetta a Cesare.

Pubblico qui sotto le sue indicazioni:



Brandacujun: etimologia

1 versione

Il più “maschio” fra i prodotti tipici liguri. È uno dei tanti piatti che la tradizione vuole sia nato dalla fantasia (e dalle necessità) dei marinai liguri. Lo stoccafisso (il merluzzo essiccato al vento alla maniera nordica) è piuttosto diffuso nelle abitudini alimentari dei navigatori mediterranei, che lo hanno utilizzato in modi diversi. Caratteristica di questo piatto è che il prodotto principale non è mai stato e mai potrà essere dei nostri mari, tipica delle cucine marinare che hanno nei secoli carpito tesori gastronomici del mondo.

Il “brandacujun” è facile da preparare ed adatto alla vita di bordo. Si fanno cuocere il pesce e le patate, si uniscono poche cose (un po’ di limone, pepe, aglio, prezzemolo, e si aggiunge l’olio extravergine d’oliva. È a questo punto che interviene la “manovra” caratteristica del brandacujun: la pentola viene afferrata e scossa a lungo (da qui il verbo, brandare, che compone la prima parte del nome), fino a ottenere una poltiglia profumata e gustosa. Pare che la seconda parte del nome sia nata nelle giornate di cattivo tempo, quando i marinai dovevano stringere tra le gambe la pentola e il mare mosso pensava al resto.

2 versione

Curiosa è l'etimologia di questa parola: la prima parte deriva dal verbo brandare che in provenzale antico significa "scuotere" mentre la seconda parte sembra derivare dal fatto che fosse delegato a a questo compito il componente meno sveglio della famiglia.
L'area del nostro "brandacujun" si restringe alla provincia di Imperia; meglio ancora all'estremo ponente con le sue vallate con timide presenze - più che altro storiche - a Nizza ed a Mentone dove con simpatica assonanza linguistica diventa "brandaminchan". La ricetta non è codificata in senso assoluto ed ogni zona, vorrei dire ogni cuoco o cuoca o famiglia ve ne darà una sua versione aggiungendo o togliendo questo o quell'ingrediente; eccone una scarna e fedele all'originale

La ricetta
Ingredienti

Per 8 persone

  • 1,8 kg di stoccafisso ammollato
  • 1 kg di patate
  • 2 spicchi d’aglio
  • alcuni rametti di prezzemolo
  • sale
  • pepe bianco
  • olio extravergine d'oliva della Riviera Ligure di Ponente (meglio: della Val Nervia
Tagliate a pezzi lo stoccafisso e mettetelo sul fuoco in una capace pentola bassa piena di acqua fredda salata, quando raggiunge l'ebollizione abbassate la fiamma ed unitevi le patate pelate e tagliate in due, continuate la cottura sino a che le patate saranno morbide; ci vorrà una mezz'ora ed avrete nello stesso tempo lo stoccafisso cotto. Scolate il tutto e lasciate intiepidire per poter schiacciare le patate e ripulire lo stoccafisso di pelle e lische, sminuzzandolo via via con le dita. Rimettete patate e stoccafisso nella pentola di cottura, condite con sale e poco pepe bianco, unite il trito di foglie di prezzemolo e spicchi d'aglio ed abbondante olio extravergine d'oliva. Rimettete il coperchio alla pentola di cottura e per maggiore sicurezza avvolgetela in un ampio strofinaccio che annoderete. Cominciate allora a "Brandare" (cioè a muovere la pentola con movimento rotatorio, scuotendola ogni due o tre giri) per il tempo che basta ad amalgamare tutti gli ingredienti ed ottenere un composto omogeneo nel quale si possano tuttavia individuare le patate e lo stoccafisso.
Fin qui la ricetta; siccome a "brandare" uno si rompe davvero i coglioni, io prendo una forchetta da cucina e opero con quella schiacciando e amalgamando il pesce e le patate fino a quando ne ho voglia.

Importante: lasciate riposare 12-24 ore

Potete servire caldo, ma non bollente, completando con una macinata di pepe ed un bel filo d'olio extravergine d'oliva oppure anche a temperatura ambiente, meglio dopo una bella pagaiata in kayak con i vostri amici!


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lunedì 16 novembre 2009

Autunno

Dopo aver "saltato via" l'estate causa lunghe permanenze di lavoro all'estero... sono di nuovo a casa, con i miei amici, nel mio mare, nella mia barca a guardare gli stupendi panorami del mare d'autunno.














Domenica 15 novembre era una bella giornata con vento, non forte ma neanche debole, diciamo il giusto per tenere l'ambiente vivo, con onde lunghe da SE e con la luce che filtrava da grandi nuvole.

Dopo un po' di pagaiare controvento in direzione di punta Manara, rapiti dalla bellezza dell'orizzonte e spronati dagli spruzzi di acqua salata, ci siamo girati verso la baia piccola di Sestri Levante ed abbiamo vinto il nostro "ticket to ride" per la giostra del surf.

Cesare era con l'Anas Acuta di Antonio, barca da lui mai usata prima e per di più senza skeg, ed ho ammirato come in pochi minuti gli abbia "preso le misure" riuscendo a tenerla bella diritta giù dalle onde.














Il mio Baidarka come sempre filava come un treno e anche Antonio e Cesare si sono stupiti di come potesse stare fermo, basta non pagaiare e contrastare quel minimo col busto la tendenza a partire in surfata, per poi partire a mo' di schioppo se appena davo due colpi di pagaia per lasciarlo correre.






Dopo il surf ci siamo infilati in "piscinetta", piscina naturale che sembra sia stata concepita per i kayakisti che vogliono esercitarsi in tranquillità, 1 m di profondità e pareti rocciose che la proteggono dal vento.

Anche in piscinetta, come prima nel surf, il mio "giocosissimo" Baidarka mi ha permesso di fare tante strane manovre in scioltezza.

Posted by Picasa


Superfluo dire che l'uscita si è conclusa "gambe sotto il tavolo" alla Cantina del Polpo assieme ad Antonio e Cesare dove abbiamo a lungo chiaccherato di kayak e sognato i possibili viaggi da fare nel 2010...