sabato 22 novembre 2008

Sorpresa!



Questo WE niente mare... e come sempre quando resto a casa mi ritiro sull'Adda a pagaiare giusto per non perdere l'abitudine.




Mi aspettavo la solita uscita di relax e invece c'era vento di tramontana che mi ha costretto a spingere, ho comunque continuato e sono arrivato nel tratto sotto la centrale Enel.








E li ... sorpresa !.. ho visto che il livello basso del fiume permetteva la formazione di ondine da 30-40 cm e una volta che sono riuscito faticosamente a raggiungerle il kayak è rimasto li!
Surfava preciso, niente pagaia, acqua velocissima sotto di me e sempre gli stessi sassi sul fondo!
Sono stato un tempo infinito fermo nello stesso posto, solo inclinando un po' il kayak correggevo millimetricamente la posizione ... incredibile come la barca risponda bene.
Ammetto (per Mr Cortez n.d.r.) che le "onde di fiume" per quanto piccolissime possano essere
molto divertenti.
Il risultato è stato evidente:




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giovedì 6 novembre 2008

Camogli 01-nov-08

(Testo by: A. Colantuoni)
A Genova per i vecchi marinai e pescatori il mare era un luogo di lavoro e non di svago, un grande spazio da attraversare con cautela e tanta perizia.
Per un gioco di parole e pronunce, male e mare possono interscambiarsi con quel “u ma”, che con l’allungamento scanzonato della vocale finale, rende tipico il mio dialetto.
Quando capito nei miei paraggi, non posso far a meno di parlare in genovese. E’un modo per mascherare quell’allargamento piemontese delle vocali, che mi hanno regalato i
30 anni di permanenza aldilà dell’appennino. Una necessità per ritornare in fretta in me stesso, dentro alla mia gente e riprendere un dialogo con le radici, con questi luoghi
che guardano il mare e i suoi tramonti.
E’ passata una settimana tremenda. Ottobre ha regalato un lembo di estate, ma nell’ultima settimana si è ripreso tutto. Mare forza 9/10 e vento constante per 3 giorni con
punte a 120 km/h !






Un inferno per chi ha subito danni enormi alle strutture estive, a quelle baraccopoli che devastano il paesaggio delle nostre coste, ma su cui hanno
vissuto tante generazioni. Il mare si è ripreso i suoi spazi anche a Camogli e ha buttato per aria manufatti in cemento armato, barche, baracche, ciotoli e massi. Si è rifatto
“il giro dell’isola”, entrando da una parte sotto la chiesa e finendo la sua corsa nel porticciolo. Ha allagato tutto quello che poteva, ritornando dove erano anni che non lo si
vedeva più. Si è fatto un giro di perlustrazione, mettendo il naso dappertutto e lasciandosi dietro facce di uomini sconfitti, depressi, demoralizzati, annientati. Chi se l’è
cavata, stamane aveva gli occhi radiosi del sopravvissuto. A S.Fruttuoso un nostro amico, il giorno prima della mareggiata, un giorno estiveggiante, aveva messo al sicuro il gozzo. Lo aveva infilato in alto, incastrato tra i muri
dell’abbazia di S Fruttuoso. Per lui, mare spettacolo !Notti da incubo e giorni tristi per altri più sfortunati : una pena che ci ha impedito di parlare. Ci siamo guardati negl’occhi e li abbiamo posati su quello che era rimasto della
sua attività. Per lui mare da spavento !



Tradotto in italiano, “ u maaaa”, perde la poesia del genovese. Svanisce quell’ironia sottile dei sottintesi. Il detto dialettale racconta, con la sua cadenza a volte leggera, altre
greve : pè tantu che a u ma, nu ghe dixian ben ….finchè il mare ( u maaa ) non lo chiameranno il bene ( u ben ) …..con il sottile doppio senso della pronuncia, che ha
giocato un brutto scherzo al mare. Lo ha umiliato ad uniformarsi al male nel senso più assoluto di maleficio, di evento disgraziato, infausto, doloroso. Male & mare hanno la
stessa pronuncia greve : u maaaa !Era il richiamo dei vecchi ai giovani, un monito a non abbassare la guardia, a non fare i gradassi, a badare alla sopravvivenza. Voleva dire che qualcuno ci aveva rimesso la
pelle, aveva vissuto nei pericoli, non aveva rivisto i suoi affetti : giovani non date confidenza al mare !


Cose dei tempi andati, prudenze antiche, azzerate da un’epoca moderna troppo sicura delle sue tecnologie. Risultato ? La quasi sempre totale impreparazione mentale agli
eventi naturali di eccezionale portata e di normale casualità storica. Adesso si sperticano a dire che non accadeva da 70 anni, …che non ci si ricordava da……. Balle ! Io ne
ho “solo” 57 abbondanti, non sono mai stato particolarmente attento al mare, ma ho ricordi della mia giovinezza, di mareggiate di potenza inaudita, capaci di mandare all’aria
la diga colossale del porto di Genova !!! E perché a Camogli non hanno dovuto rifare almeno 3 volte il piccolo faro all’ingresso del porticciolo ?
Cose di mare, cose naturali che fanno un po’ quello che vogliono, in uno spazio che vorremmo poter dominare e assoggettare alle nostre comodità e tornaconto. Così non è
e forse non sarà mai. Chi potrà mai dimenticare l’onda assassina dello tsunami di 2 anni fa a Phuket …. !!!
Oggi giornata stupenda, calda, mare calmo, cielo azzurro. Con Mauro ce ne siamo andati a zonzo in quel braccio di mare tra S.Michele di Pagana e Portofino, ridossati al
libeccio, convinti che ce ne sarebbe stato bisogno. Invece tutta quella potenza cosmica, quella violenza selvaggia, quell’esplosione di ferocia erano svanite in un’acqua
opaca e verde chiaro, mossa appena da un’onda appena percettibile a riva. Al mattino un deserto totale : soliti 2 pescatori e poi un mare magnifico tutto per noi. Più tardi,
qualche vela e qualche battello che timidamente faceva la spola tra Rapallo e Portofino. A bordo i pochi turisti della festa di Ognissanti, che rari si azzardavano a concedersi
questa piccola attraversata. C’era un giusto motivo : aleggiava ancora la paura dei giorni prima. Quella violenza incontenibile si lascia dietro una vena di timore. Rimane la
diffidenza di un tradimento e un senso di incertezza che accompagna lo sguardo su quel mare da cartolina, che sa di domestico e di umori dell’estate sui prendisole.
Qualcosa lega i luoghi a delle sensazioni positive o negative. Una malefatta, un delitto, una grande sofferenza, impregano i muri, riempiono gli angoli, modificano la luce dei
luoghi e la nostra anima lo percepisce. La paura cola dappertutto come una colla e si appiccica addosso a persone e cose, lasciandole in balia di un profondo disagio, che
si annusa respirando.
Siamo sempre gli stessi, primitivi, deboli e disposti al dubbio, come quando ci si doveva salvare in un mondo primordiale. Riemerge con la violenza della natura l’ominide che
c’è in noi e ci ritroviamo terrorizzati nelle grotte della nostra anima, a tremare e gemere, pregando la nostra dea fortuna, vestita da Dio del fuoco, o Dio del cielo. Nubifragi e
onde, vento e mare, acqua e fulmini, sono sempre gli stessi che hanno attraversato gli occhi dei nostri fratelli cavernicoli e riemergono improvvidamente dentro ognuno di noi,
per tenerci una scomoda compagnia.
Non oggi però ! Con Mauro ci siamo dedicati agli appoggi, agli eskimi a destra e sinistra, riprendendo sensibilità a movimenti anomali, a equilibri al limite, ad una dimensione
che si apre, proprio quando da dentro scatta una paura ancestrale. Gli occhi sott’acqua non vedono, guardano la luce e basta ; tutto è sfuocato come dietro uno spesso
vetro sporco. La bocca è serrata, i muscoli della mascella contratti. Il cervello è pronto, la nostra attenzione è tutta concentrata alla fisicità del momento. L’acqua parla al
corpo, il freddo tocca dentro. Scatta un allarme indefinibile, che si accavalla al dubbio di non riemergere. Pochissime frazioni di secondo e il corpo lo si sente tutto, ci si
sente vivi ! Si passano in rassegna le mani, le braccia, i fianchi, le ginocchia, i piedi. Si cerca ovunque il contatto fisico con il kayak. Metà di te stesso è a un niente dalla
superficie, dall’aria, dalla salvezza. Si pensa da pesce, ci si dice che là sotto è tutto ok, tutto normale. Cerchi di darti un tempo infinito, che scoprirai presto quanto è micro.
Vorresti poter ragionare con calma e ti illudi di saperlo fare, ma non è vero ; l’urgenza ci fa scattare i muscoli. La faccia è verso il cielo, le spalle verso l’abisso ; la pagaia è a
cercare la superficie, è un terzo braccio di legno. La rotazione del corpo è armonia, ma quella delle braccia rischia di essere solo un passaggio di potenza. Si sa che sono
gli angoli della pagaia a fare la differenza, che conta la pressione dell’acqua e che è la testa a dover riemergere per ultima. L’ossigeno nei polmoni è sempre troppo poco. Sarebbe bello poter stare là sotto per un po’, pensarci sù ben bene ; guardarsi nello specchio del proprio io e immaginarsi con
calma in quell’azione bellissima che è l’eskimo. Sarebbe bello poter rollare al rallentatore, percepire quel ribaltamento di orizzonti ed equilibri gustandoseli ogni millimetro,
ogni centimetro, ogni metro. Invece no ! Un flash ! Due, tre secondi e ci si ritrova di nuovo là dove si è sempre, seduti nel kayak, con la felicità profonda e mascherata, di chi sa di aver fatto un qualcosa
di speciale. Nessuno lo dice il perché eskima e lo fa anche quando non ce ne sarebbe alcuna necessità. Lo si fa per allenamento, per poterlo trasformare da eccezionalità a
normalità ; lo si fa soprattutto per gioco, per un gioco pieno di sensazioni forti, profonde e un po’irreali.
Bravo Mauro che si è cimentato a sinistra e con successo. Ha fatto pala corta e lunga, senza tante esitazioni. Anche lui a sbagliare la posizione della destra, che messa in
movimento, fa immergere la pala a sinistra e incasina la vita. Della nostra sinistra non ci fidiamo. Da quella parte si è diversi : il corpo non sente il mare allo stesso modo
che a destra, non sa capire il movimemto ed è impacciato. Si ritorna alle origini, a quando l’eskimo era per caso, un evento eccezionale e il successo una festa. Anche oggi
ci ridono gli occhi quando riemergiamo, ma solo quando sappiamo di averlo fatto bene ; solo quando tutto il corpo si è mosso alla perfezione. A sinistra ci si riappropria di
quella felicità del passato e si ricomincia il percorso di conoscenza del proprio corpo, delle nuove sensazioni da memorizzare in muscoli simmetrici alla destra, ma non
uguali. Così abbiamo una sfida aperta ad ogni uscita, una sfida nuova per l’inverno e un traguardo ambizioso per il prossimo futuro. Poi arriveranno tanti altri rolling Inuit, tanti
di cui non riusciremo a fare, se non con gesti goffi ed inconsulti. Sarebbe bello fare delle session di scuola, specifica dei vari greenland rolling, ma le questioni logistiche e il
tempo che non c’è mai e le cose della vita la fanno da padroni !
Oggi ci mancavano tanti amici : Alessandro, il Tino, il Riki, Luca …e poi con Luciano i carissimi amici con cui ci troviamo per delle spedizioni, come
Sergio, Costantino, F. Ravasio, F. Soana, Marco M. e…..Gaudenzio … ecc… ecc… e che dire del simpaticissimo clan dei livornesi con il Paolone in testa e … !!! Quanti
amici abbiamo conosciuto grazie al kayak ! Quanta passione stiamo mettendo in questi kayak ! Quanta giovinezza sta resistendo in questi kayak !

domenica 2 novembre 2008

Buon rifugio

Questo WE sono rimasto a casa dato che ero reperibile per lavoro... e come succede tutte le volte in cui non vado al mare ... mi rimane il desiderio di andare un po' a zonzo sull'acqua.

Fortunatamente vicino a casa ho un "buon rifugio acquatico", il fiume Adda, ove posso trascorrere qualche ora a pagaiare in santa pace.

Anche oggi mi sono goduto la canoa outrigger e dopo una bella risalita in corrente (che era abbastanza forte date le piogge dei giorni scorsi) sono ridisceso rilassandomi e facendo qualche foto ai boschi che hanno preso la veste autunnale.

Certo una canoa polinesiana non è il mezzo che ti aspetteresti di trovare su un fiume alle porte dell'inverno... eppure per la sua velocità e per la facilità d'uso (è una piattaforma ideale per fotografare) ... mi stupisco che per vederne una ce l'abbia dovuta portare io!


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