Anche quest'anno al Wiskie son tornato
e tanti amici ho ritrovato
sol al sabato ho pagaiato
ma il mare e la compagnia ho gustato.
Il vento non c'è stato
colla pioggia s'è pagaiato
alla sosta anche il sol s'è presentato
e tutti assieme abbiam pranzato.
Al pomeriggio s'è chiaccherato
mentre la cena si è aspettato
di tante avventure si è parlato
e un aperitivo s'è abbuffato.
Per la cena tanti amici mi han chiamato
e tra i liguri mi son sistemato
dalla mia tanto ho parlato
ma Luisella m'ha sopportato.
Un grande viaggio ci han mostrato
da belle foto raccontato
tutta la Scozia hanno aggirato
come spesso ho sognato.
Al fin s'è dormito
e alla mattina son ripartito
un bel ricordo ho scolpito
e di rivederci vi faccio l'invito.
Auguri a tutti
Alessandro
domenica 14 dicembre 2008
sabato 22 novembre 2008
Sorpresa!
Questo WE niente mare... e come sempre quando resto a casa mi ritiro sull'Adda a pagaiare giusto per non perdere l'abitudine.
Mi aspettavo la solita uscita di relax e invece c'era vento di tramontana che mi ha costretto a spingere, ho comunque continuato e sono arrivato nel tratto sotto la centrale Enel.
E li ... sorpresa !.. ho visto che il livello basso del fiume permetteva la formazione di ondine da 30-40 cm e una volta che sono riuscito faticosamente a raggiungerle il kayak è rimasto li!
Surfava preciso, niente pagaia, acqua velocissima sotto di me e sempre gli stessi sassi sul fondo!
Sono stato un tempo infinito fermo nello stesso posto, solo inclinando un po' il kayak correggevo millimetricamente la posizione ... incredibile come la barca risponda bene.
Ammetto (per Mr Cortez n.d.r.) che le "onde di fiume" per quanto piccolissime possano essere
molto divertenti.
Il risultato è stato evidente:
giovedì 6 novembre 2008
Camogli 01-nov-08
(Testo by: A. Colantuoni)
A Genova per i vecchi marinai e pescatori il mare era un luogo di lavoro e non di svago, un grande spazio da attraversare con cautela e tanta perizia.
Per un gioco di parole e pronunce, male e mare possono interscambiarsi con quel “u ma”, che con l’allungamento scanzonato della vocale finale, rende tipico il mio dialetto.
Quando capito nei miei paraggi, non posso far a meno di parlare in genovese. E’un modo per mascherare quell’allargamento piemontese delle vocali, che mi hanno regalato i
30 anni di permanenza aldilà dell’appennino. Una necessità per ritornare in fretta in me stesso, dentro alla mia gente e riprendere un dialogo con le radici, con questi luoghi
che guardano il mare e i suoi tramonti.
E’ passata una settimana tremenda. Ottobre ha regalato un lembo di estate, ma nell’ultima settimana si è ripreso tutto. Mare forza 9/10 e vento constante per 3 giorni con
punte a 120 km/h !
Per un gioco di parole e pronunce, male e mare possono interscambiarsi con quel “u ma”, che con l’allungamento scanzonato della vocale finale, rende tipico il mio dialetto.
Quando capito nei miei paraggi, non posso far a meno di parlare in genovese. E’un modo per mascherare quell’allargamento piemontese delle vocali, che mi hanno regalato i
30 anni di permanenza aldilà dell’appennino. Una necessità per ritornare in fretta in me stesso, dentro alla mia gente e riprendere un dialogo con le radici, con questi luoghi
che guardano il mare e i suoi tramonti.
E’ passata una settimana tremenda. Ottobre ha regalato un lembo di estate, ma nell’ultima settimana si è ripreso tutto. Mare forza 9/10 e vento constante per 3 giorni con
punte a 120 km/h !
Un inferno per chi ha subito danni enormi alle strutture estive, a quelle baraccopoli che devastano il paesaggio delle nostre coste, ma su cui hanno
vissuto tante generazioni. Il mare si è ripreso i suoi spazi anche a Camogli e ha buttato per aria manufatti in cemento armato, barche, baracche, ciotoli e massi. Si è rifatto
“il giro dell’isola”, entrando da una parte sotto la chiesa e finendo la sua corsa nel porticciolo. Ha allagato tutto quello che poteva, ritornando dove erano anni che non lo si
vedeva più. Si è fatto un giro di perlustrazione, mettendo il naso dappertutto e lasciandosi dietro facce di uomini sconfitti, depressi, demoralizzati, annientati. Chi se l’è
cavata, stamane aveva gli occhi radiosi del sopravvissuto. A S.Fruttuoso un nostro amico, il giorno prima della mareggiata, un giorno estiveggiante, aveva messo al sicuro il gozzo. Lo aveva infilato in alto, incastrato tra i muri
dell’abbazia di S Fruttuoso. Per lui, mare spettacolo !Notti da incubo e giorni tristi per altri più sfortunati : una pena che ci ha impedito di parlare. Ci siamo guardati negl’occhi e li abbiamo posati su quello che era rimasto della
sua attività. Per lui mare da spavento !
vissuto tante generazioni. Il mare si è ripreso i suoi spazi anche a Camogli e ha buttato per aria manufatti in cemento armato, barche, baracche, ciotoli e massi. Si è rifatto
“il giro dell’isola”, entrando da una parte sotto la chiesa e finendo la sua corsa nel porticciolo. Ha allagato tutto quello che poteva, ritornando dove erano anni che non lo si
vedeva più. Si è fatto un giro di perlustrazione, mettendo il naso dappertutto e lasciandosi dietro facce di uomini sconfitti, depressi, demoralizzati, annientati. Chi se l’è
cavata, stamane aveva gli occhi radiosi del sopravvissuto. A S.Fruttuoso un nostro amico, il giorno prima della mareggiata, un giorno estiveggiante, aveva messo al sicuro il gozzo. Lo aveva infilato in alto, incastrato tra i muri
dell’abbazia di S Fruttuoso. Per lui, mare spettacolo !Notti da incubo e giorni tristi per altri più sfortunati : una pena che ci ha impedito di parlare. Ci siamo guardati negl’occhi e li abbiamo posati su quello che era rimasto della
sua attività. Per lui mare da spavento !
Tradotto in italiano, “ u maaaa”, perde la poesia del genovese. Svanisce quell’ironia sottile dei sottintesi. Il detto dialettale racconta, con la sua cadenza a volte leggera, altre
greve : pè tantu che a u ma, nu ghe dixian ben ….finchè il mare ( u maaa ) non lo chiameranno il bene ( u ben ) …..con il sottile doppio senso della pronuncia, che ha
giocato un brutto scherzo al mare. Lo ha umiliato ad uniformarsi al male nel senso più assoluto di maleficio, di evento disgraziato, infausto, doloroso. Male & mare hanno la
stessa pronuncia greve : u maaaa !Era il richiamo dei vecchi ai giovani, un monito a non abbassare la guardia, a non fare i gradassi, a badare alla sopravvivenza. Voleva dire che qualcuno ci aveva rimesso la
pelle, aveva vissuto nei pericoli, non aveva rivisto i suoi affetti : giovani non date confidenza al mare !
Cose dei tempi andati, prudenze antiche, azzerate da un’epoca moderna troppo sicura delle sue tecnologie. Risultato ? La quasi sempre totale impreparazione mentale agli
eventi naturali di eccezionale portata e di normale casualità storica. Adesso si sperticano a dire che non accadeva da 70 anni, …che non ci si ricordava da……. Balle ! Io ne
ho “solo” 57 abbondanti, non sono mai stato particolarmente attento al mare, ma ho ricordi della mia giovinezza, di mareggiate di potenza inaudita, capaci di mandare all’aria
la diga colossale del porto di Genova !!! E perché a Camogli non hanno dovuto rifare almeno 3 volte il piccolo faro all’ingresso del porticciolo ?
Cose di mare, cose naturali che fanno un po’ quello che vogliono, in uno spazio che vorremmo poter dominare e assoggettare alle nostre comodità e tornaconto. Così non è
e forse non sarà mai. Chi potrà mai dimenticare l’onda assassina dello tsunami di 2 anni fa a Phuket …. !!!
Oggi giornata stupenda, calda, mare calmo, cielo azzurro. Con Mauro ce ne siamo andati a zonzo in quel braccio di mare tra S.Michele di Pagana e Portofino, ridossati al
libeccio, convinti che ce ne sarebbe stato bisogno. Invece tutta quella potenza cosmica, quella violenza selvaggia, quell’esplosione di ferocia erano svanite in un’acqua
opaca e verde chiaro, mossa appena da un’onda appena percettibile a riva. Al mattino un deserto totale : soliti 2 pescatori e poi un mare magnifico tutto per noi. Più tardi,
qualche vela e qualche battello che timidamente faceva la spola tra Rapallo e Portofino. A bordo i pochi turisti della festa di Ognissanti, che rari si azzardavano a concedersi
questa piccola attraversata. C’era un giusto motivo : aleggiava ancora la paura dei giorni prima. Quella violenza incontenibile si lascia dietro una vena di timore. Rimane la
diffidenza di un tradimento e un senso di incertezza che accompagna lo sguardo su quel mare da cartolina, che sa di domestico e di umori dell’estate sui prendisole.
Qualcosa lega i luoghi a delle sensazioni positive o negative. Una malefatta, un delitto, una grande sofferenza, impregano i muri, riempiono gli angoli, modificano la luce dei
luoghi e la nostra anima lo percepisce. La paura cola dappertutto come una colla e si appiccica addosso a persone e cose, lasciandole in balia di un profondo disagio, che
si annusa respirando.
Siamo sempre gli stessi, primitivi, deboli e disposti al dubbio, come quando ci si doveva salvare in un mondo primordiale. Riemerge con la violenza della natura l’ominide che
c’è in noi e ci ritroviamo terrorizzati nelle grotte della nostra anima, a tremare e gemere, pregando la nostra dea fortuna, vestita da Dio del fuoco, o Dio del cielo. Nubifragi e
onde, vento e mare, acqua e fulmini, sono sempre gli stessi che hanno attraversato gli occhi dei nostri fratelli cavernicoli e riemergono improvvidamente dentro ognuno di noi,
per tenerci una scomoda compagnia.
Non oggi però ! Con Mauro ci siamo dedicati agli appoggi, agli eskimi a destra e sinistra, riprendendo sensibilità a movimenti anomali, a equilibri al limite, ad una dimensione
che si apre, proprio quando da dentro scatta una paura ancestrale. Gli occhi sott’acqua non vedono, guardano la luce e basta ; tutto è sfuocato come dietro uno spesso
vetro sporco. La bocca è serrata, i muscoli della mascella contratti. Il cervello è pronto, la nostra attenzione è tutta concentrata alla fisicità del momento. L’acqua parla al
corpo, il freddo tocca dentro. Scatta un allarme indefinibile, che si accavalla al dubbio di non riemergere. Pochissime frazioni di secondo e il corpo lo si sente tutto, ci si
sente vivi ! Si passano in rassegna le mani, le braccia, i fianchi, le ginocchia, i piedi. Si cerca ovunque il contatto fisico con il kayak. Metà di te stesso è a un niente dalla
superficie, dall’aria, dalla salvezza. Si pensa da pesce, ci si dice che là sotto è tutto ok, tutto normale. Cerchi di darti un tempo infinito, che scoprirai presto quanto è micro.
Vorresti poter ragionare con calma e ti illudi di saperlo fare, ma non è vero ; l’urgenza ci fa scattare i muscoli. La faccia è verso il cielo, le spalle verso l’abisso ; la pagaia è a
cercare la superficie, è un terzo braccio di legno. La rotazione del corpo è armonia, ma quella delle braccia rischia di essere solo un passaggio di potenza. Si sa che sono
gli angoli della pagaia a fare la differenza, che conta la pressione dell’acqua e che è la testa a dover riemergere per ultima. L’ossigeno nei polmoni è sempre troppo poco. Sarebbe bello poter stare là sotto per un po’, pensarci sù ben bene ; guardarsi nello specchio del proprio io e immaginarsi con
calma in quell’azione bellissima che è l’eskimo. Sarebbe bello poter rollare al rallentatore, percepire quel ribaltamento di orizzonti ed equilibri gustandoseli ogni millimetro,
ogni centimetro, ogni metro. Invece no ! Un flash ! Due, tre secondi e ci si ritrova di nuovo là dove si è sempre, seduti nel kayak, con la felicità profonda e mascherata, di chi sa di aver fatto un qualcosa
di speciale. Nessuno lo dice il perché eskima e lo fa anche quando non ce ne sarebbe alcuna necessità. Lo si fa per allenamento, per poterlo trasformare da eccezionalità a
normalità ; lo si fa soprattutto per gioco, per un gioco pieno di sensazioni forti, profonde e un po’irreali.
Bravo Mauro che si è cimentato a sinistra e con successo. Ha fatto pala corta e lunga, senza tante esitazioni. Anche lui a sbagliare la posizione della destra, che messa in
movimento, fa immergere la pala a sinistra e incasina la vita. Della nostra sinistra non ci fidiamo. Da quella parte si è diversi : il corpo non sente il mare allo stesso modo
che a destra, non sa capire il movimemto ed è impacciato. Si ritorna alle origini, a quando l’eskimo era per caso, un evento eccezionale e il successo una festa. Anche oggi
ci ridono gli occhi quando riemergiamo, ma solo quando sappiamo di averlo fatto bene ; solo quando tutto il corpo si è mosso alla perfezione. A sinistra ci si riappropria di
quella felicità del passato e si ricomincia il percorso di conoscenza del proprio corpo, delle nuove sensazioni da memorizzare in muscoli simmetrici alla destra, ma non
uguali. Così abbiamo una sfida aperta ad ogni uscita, una sfida nuova per l’inverno e un traguardo ambizioso per il prossimo futuro. Poi arriveranno tanti altri rolling Inuit, tanti
di cui non riusciremo a fare, se non con gesti goffi ed inconsulti. Sarebbe bello fare delle session di scuola, specifica dei vari greenland rolling, ma le questioni logistiche e il
tempo che non c’è mai e le cose della vita la fanno da padroni !
Oggi ci mancavano tanti amici : Alessandro, il Tino, il Riki, Luca …e poi con Luciano i carissimi amici con cui ci troviamo per delle spedizioni, come
Sergio, Costantino, F. Ravasio, F. Soana, Marco M. e…..Gaudenzio … ecc… ecc… e che dire del simpaticissimo clan dei livornesi con il Paolone in testa e … !!! Quanti
amici abbiamo conosciuto grazie al kayak ! Quanta passione stiamo mettendo in questi kayak ! Quanta giovinezza sta resistendo in questi kayak !
domenica 2 novembre 2008
Buon rifugio
Questo WE sono rimasto a casa dato che ero reperibile per lavoro... e come succede tutte le volte in cui non vado al mare ... mi rimane il desiderio di andare un po' a zonzo sull'acqua.
Fortunatamente vicino a casa ho un "buon rifugio acquatico", il fiume Adda, ove posso trascorrere qualche ora a pagaiare in santa pace.
Anche oggi mi sono goduto la canoa outrigger e dopo una bella risalita in corrente (che era abbastanza forte date le piogge dei giorni scorsi) sono ridisceso rilassandomi e facendo qualche foto ai boschi che hanno preso la veste autunnale.
Certo una canoa polinesiana non è il mezzo che ti aspetteresti di trovare su un fiume alle porte dell'inverno... eppure per la sua velocità e per la facilità d'uso (è una piattaforma ideale per fotografare) ... mi stupisco che per vederne una ce l'abbia dovuta portare io!
Fortunatamente vicino a casa ho un "buon rifugio acquatico", il fiume Adda, ove posso trascorrere qualche ora a pagaiare in santa pace.
Anche oggi mi sono goduto la canoa outrigger e dopo una bella risalita in corrente (che era abbastanza forte date le piogge dei giorni scorsi) sono ridisceso rilassandomi e facendo qualche foto ai boschi che hanno preso la veste autunnale.
Certo una canoa polinesiana non è il mezzo che ti aspetteresti di trovare su un fiume alle porte dell'inverno... eppure per la sua velocità e per la facilità d'uso (è una piattaforma ideale per fotografare) ... mi stupisco che per vederne una ce l'abbia dovuta portare io!
lunedì 27 ottobre 2008
Tsunami
La mia "nuova" outrigger Tsunami: dopo averla ritirata a Roma il 17, nei giorni successivi l'ho provata sull'Adda a Trezzo e a Imbersago.
Qui sono poco a nord di Imbersago durante la risalita sino a Brivio fatta sabato 25 assieme al Tino.
Qui sono poco a nord di Imbersago durante la risalita sino a Brivio fatta sabato 25 assieme al Tino.
Un po' faticosa la pagaiata a cui non sono ancora abituato.
Il 26 sono poi andato al mare per una prova più seria. Il tempo era così bello e calmo che non ho potuto realmente apprezzare il comportamento nelle onde... giusto qualche prova in occasione di passaggio del traghetto x S. Fruttuoso.
Dei due "esperimenti" fatti quest'anno (surfski e outrigger) il più giocattolo e il più godibile da tutti è l'outrigger.
E' veloce, in mezzo al mare ti ci puoi sdraiare a prendere il sole, oppure salti giù a fare il bagno, ... è già bella adesso, non oso pensare al godimento di una barca così d'estate....
E' veloce, in mezzo al mare ti ci puoi sdraiare a prendere il sole, oppure salti giù a fare il bagno, ... è già bella adesso, non oso pensare al godimento di una barca così d'estate....
PS: ero molto raffreddato e quindi sono uscito con il drysuit... ma faceva così caldo che ho dovuto fare il bagno. I miei "accompagnatori" invece non riuscivano a stare diritti.... erano sempre con la testa sott'acqua. Non male per fine ottobre!
Etichette:
Outrigger canoe,
Tsunami Allwave
lunedì 13 ottobre 2008
E' tutto sempre li...
gli amici, S. Fruttuoso, il mare, il sole, i kayak....
E' bello ritrovare periodicamente tutto ciò e godersi delle magnifiche giornate!
Sabato 11 ottobre siamo partiti in 4 da Recco e dopo essere andati incontro agli altri che arrivavano da Nervi siamo andati sino a S.Fruttuoso dove il consueto sbarco + spaghetti alla marinara non ce lo ha tolto nessuno.
Mare splendido, ottima compagnia, ottimo cibo.... cosa volere di più da una giornata di autunno?
lunedì 6 ottobre 2008
Promokayak 2008
Uscita in mare con gli amici fluviali
Ieri domenica 5 ottobre si è svolta l'ultima uscita del Promokayak 2008, l'occasione è stata dedicata al mare.
Ci siamo trovati a Sestri Levante in una bella giornata di sole che è stato un vero toccasana. Infatti i giorni precedenti il meteo non sembrava dei migliori, giorni di libeccio e rotazione da nord il sabato e nuova rotazione a ovest nella notte tra sabato e domenica .
Risultato, un un mare un po' incasinato, un po' sfinito, non più pieno di vigore, ma certamente ricco di onde!
Risultato, un un mare un po' incasinato, un po' sfinito, non più pieno di vigore, ma certamente ricco di onde!
Ondoni , ondine , creste e sbuffi di dimensioni notevoli, l'acqua ancora tiepida. In questo perfetto "playground" un bel gruppetto di 13 canoisti ha affrontato le onde e si è divertito nel surfarle al rientro nella baia.
Poche le foto ma rendono l'idea delle stupende condizioni del mare
Arrivederci al Promokayak 2009
domenica 24 agosto 2008
Surfski
Sabato 23 l'ho passato in Liguria a guardare un mare caraibico fatto di molte tonalità di verde e di onde morbide ma imponenti. C'era un bel vento che spingeva verso terra e acqua calda... ah se solo avessi avuto un po' di coraggio e voglia di dannarmi per il parcheggio... allora si sarei sceso a Chiavari con il surfski e l'avrei lanciato tra le onde. Tuttavia ho preferito scendere senza siluri sul tetto, pacheggiare per bene passando sotto le sbarre a Chiavari e godermi i bimbi e una interminabile sessione di volo del nostro aquilone. Nelle onde ci ho nuotato e ogni volta che ne arrivava una e mi sollevava ho pensato come si sarebbe comportata una canoa o il surfski.... Oggi mi sono svegliato a Carasco in una mattina freschissima (14°C) e luminossisima, e assieme a Sonia mi sono dovuto "fare del male"... impacchettare tutto e rientrare a casa.
Il ricordo del mare mi lascia irrequieto e alla sera ... finalmente ....scendo all'Adda portandomi il surfski, lo metto in acqua con grande facilità (15 kg! che figata!) e parto per risalire il fiume con solo il costume, il salvagente e la pagaia.
Sono le 19.05, ho piedi nudi, i fianchi liberi ed equilibrio precario.
La pagaia prende bene l'acqua, lo ski scivola e si stabilizza, mi tranquillizzo, inizio a spingere, mi porto al limite del fiatone e resto li. Il fiume continua a scorrere, il sudore mi cola negli occhi, mi bruciano, non riesco a vedere anche perchè ho il sole in faccia, tiro dritto, do dei micro aggiustamenti di timone o lo sci continua ad andare. Passa poco tempo e sono all'immissione di una roggia laterale che fa turbolenza, di solito è un punto dove faccio un po' fatica a tenere la canoa in rotta ma lo ski sembra non sentire le correnti, prendo confidenza e risalgo oltre. Arrivo dove il fondale è sassoso e basso, l'acqua scorre velocissima ma lo ski altrettanto e mi porto ancora più su. Scende l'ombra, ho sempre il fiatone e sono sudato, mi fanno male le braccia ma l'acqua scorre via veloce e devo menare la pagaia con passaggi veloci per tenere il ritmo.
Alla fine arrivo ad un albero che uso come riferimento e guardo l'orologio... sono le 19.40 ... ci ho messo 35 minuti contro i 45 di quando vado in kayak.
Sono un po' deluso dal tempo (10 minuti meno non è tanto se penso che di solito col kayak non spingo)... giro lo ski con qualche difficoltà nella corrente decisa (al traverso lo ski non ha velocità e balla parecchio) e inizio a scendere.
La discesa è entusiasmante, di solito la faccio col kayak a pagaia ferma o quasi, qui invece non sento stanchezza e continuo a pagaiare cercando di affinare il movimento.
Torco bene il busto e spingo i piedi a ritmo alternato, la mia velocità si somma a quella dl fiume e godo.
In un attimo sono quasi indietro, giro per andare a spiaggiare in un punto intermedio (controllo del timone per vedere se aveva delle alghe) e arrivo vicino a terra con una velocità inaspettata... freno a tutta ed evito di sbattere.
Guardo il timone e lo vedo libero. Mi rimbarco annusando l'aria profumata del barbecue di un gruppo di slavi e tiro l'ultimo pezzo. Un'altra sbuffata e sono al punto di partenza, salto giù, prendo la barca sotto braccio e passeggio disinvolto sino alla macchina. Non sono nemmeno le 20.00, è l'imbrunire e sento di avere finalmente fatto un'uscita in surfski dedicata a lasciarlo correre spremendo quel che ho in corpo. Non ho pensato troppo all'equilibrio e mi sono goduto la velocità.
A parte la sudata non sono neanche stanco, è come pedalare con un rapporto corto, meni veloce ma lo ski non fa resistenza e la forza non è tanta.
Guido verso casa, tramonta il sole e sogno di portare lo ski allo stesso modo sulle onde oceaniche.
Forse un giorno...
;-))
Sono le 19.05, ho piedi nudi, i fianchi liberi ed equilibrio precario.
La pagaia prende bene l'acqua, lo ski scivola e si stabilizza, mi tranquillizzo, inizio a spingere, mi porto al limite del fiatone e resto li. Il fiume continua a scorrere, il sudore mi cola negli occhi, mi bruciano, non riesco a vedere anche perchè ho il sole in faccia, tiro dritto, do dei micro aggiustamenti di timone o lo sci continua ad andare. Passa poco tempo e sono all'immissione di una roggia laterale che fa turbolenza, di solito è un punto dove faccio un po' fatica a tenere la canoa in rotta ma lo ski sembra non sentire le correnti, prendo confidenza e risalgo oltre. Arrivo dove il fondale è sassoso e basso, l'acqua scorre velocissima ma lo ski altrettanto e mi porto ancora più su. Scende l'ombra, ho sempre il fiatone e sono sudato, mi fanno male le braccia ma l'acqua scorre via veloce e devo menare la pagaia con passaggi veloci per tenere il ritmo.
Alla fine arrivo ad un albero che uso come riferimento e guardo l'orologio... sono le 19.40 ... ci ho messo 35 minuti contro i 45 di quando vado in kayak.
Sono un po' deluso dal tempo (10 minuti meno non è tanto se penso che di solito col kayak non spingo)... giro lo ski con qualche difficoltà nella corrente decisa (al traverso lo ski non ha velocità e balla parecchio) e inizio a scendere.
La discesa è entusiasmante, di solito la faccio col kayak a pagaia ferma o quasi, qui invece non sento stanchezza e continuo a pagaiare cercando di affinare il movimento.
Torco bene il busto e spingo i piedi a ritmo alternato, la mia velocità si somma a quella dl fiume e godo.
In un attimo sono quasi indietro, giro per andare a spiaggiare in un punto intermedio (controllo del timone per vedere se aveva delle alghe) e arrivo vicino a terra con una velocità inaspettata... freno a tutta ed evito di sbattere.
Guardo il timone e lo vedo libero. Mi rimbarco annusando l'aria profumata del barbecue di un gruppo di slavi e tiro l'ultimo pezzo. Un'altra sbuffata e sono al punto di partenza, salto giù, prendo la barca sotto braccio e passeggio disinvolto sino alla macchina. Non sono nemmeno le 20.00, è l'imbrunire e sento di avere finalmente fatto un'uscita in surfski dedicata a lasciarlo correre spremendo quel che ho in corpo. Non ho pensato troppo all'equilibrio e mi sono goduto la velocità.
A parte la sudata non sono neanche stanco, è come pedalare con un rapporto corto, meni veloce ma lo ski non fa resistenza e la forza non è tanta.
Guido verso casa, tramonta il sole e sogno di portare lo ski allo stesso modo sulle onde oceaniche.
Forse un giorno...
;-))
17 agosto 2008
Bella giornata in gran relax . Mare con voglia di "lasciar fare" e con Ale non ce lo siamo fatto sfuggire : onda lunga residua , a tratti ancora potente e "bullesumme" di rimbalzo , su cui c'era parecchio da lavorare per Sirius & Baidarka . Gli scafi a V ....su un mare che ha voglia di fare sul serio .....una poesia ! Ci siamo fermati a tratti solo per "sentire lavorare gli scafi" . Colpo dietro a destra , risposta davanti a sinistra , piccolo rimbalzo appena percettibile di assestamento sulla parte anteriore al centro e micro vibrazione sul sedile , con uno scafo che NON beccheggiava e NON rollava !!!!! Le zone di surf sotto la scogliera erano discretamente serie , senza richiedere particolari performance , imponevano una navigazione di potenza ed equilibrio , con abbastanza esperienza da evitare di finire nel terminale della risacca , che era di un rispettabile volume . Ribolliva l'acqua sotto ed intorno agli scafi in mille triangoli sbuffanti . Era veramente bello ! Sono state 3 ore e spiccioli di pagaiare senza sosta , a buon ritmo , in compagnia di Ale , che in alcuni momenti mi spariva alla vista e lo vedevo seduto come un Nettuno tra le onde . In mare c'era davvero un gran traffico ! Barche da tutte le parti . Uno sfrecciare folle di scafi plananti e vele , che come noi approfittavano di quel mare divertente con cui giocare . Ragazzi e ragazze sportivi , impegnati in corse sfrenate sui wind surf e attempati signori a media andatura , goduti come noi di poter finalmente "sentir lavorare motori e scafi" e poter finalmente ritornare ad impegnarsi in una navigazione , che ricordava da vicino quella seria dell'inverno . Davvero tanta gente , ma sulle spiagge a parlare e cianciare , perchè in mare , fino a mezzogiorno.....c'era quasi il deserto assoluto ! Ma cosa se ne fanno delle barche ? Noi solita visita al mare piccolo , eskimazioni varie , tuffi e recuperi , con un'acqua chiara , pulita e tiepida ! Un incanto interrotto solo dallo scadere dell'orario del parking e dalla fame , che ci ha ridotti a sederci alla "Cantina del Polpo" !!! Dura la vita del kayaker del Levante ! Ciao gente !
martedì 22 luglio 2008
Luglio come novembre
20 luglio
Alla vista bastava cambiare le magliette in dry-suit ed era uguale... cielo grigio, vento da sud-est, onde imponenti e mare colore del piombo.
Però l'aria... l'animo... la temperatura dell'acqua tradivano la presenza dell'estate.
Il risalire nelle onde contro vento era si una battaglia ma di quelle piacevoli, di quelle in cui ti pregusti il ridiscenderle proprio come si fa nello sci alpinismo.
Gli spruzzi o le occasionali "sciacquate" di faccia davano di un mare tiepido.
E poi ad un certo punto dei raggi di luce a spennellare d'oro le onde molto più intenso e verticale che non l'argento dell'inverno, per quanto quest'ultimo sia più luminoso nei miei ricordi (forse per il contrasto nell'inverno rispetto alla poca luce).
Andando verso punta Manara il Baidarka ben pennellato addosso e rigoroso nelle onde, piantato e maestoso, poco incline a scatti in avanti e regolare nel suo passo; l'Anas acuta allegro e "rimbalzino", libellula tra le onde per natura e complice di Antonio che vuole allenarsi per domenica prossima.
Si risale decisi poi quattro chiacchere, i 5 minuti salottieri, il solito mare sgombro di barche a ricordare che non siamo più un popolo di navigatori, la piacevole solitudine e soddisfazione di essere tra i pochi che si avventurano su queste acque.
Al ritorno il Baidarka vuole correre, tutte le onde sono sue e la sensazione di controllo è inebriante, scii preciso su un pendio regolare e prevedibile, ti viene voglia di fare movimenti eleganti e precisi, vorresti più onda o del fondale che metta le onde belle diritte per spingerti... ma sei al largo e ti godi il mare così com'è.
L'Anas segue più arzigogolato, più birbone come cercasse una cunetta inaspettata per costringere Antonio ad essere comunque attento.
Si passa per il mare piccolo di Sestri, tanto pittoresco e mignon ... quanto incazzoso di vento nonostante non ce ne sia donde.
Il ritorno alla baia grande, i giochi, il suggellare il nostro legame con l'acqua e la ricerca del gesto che non è mai perfetto abbastanza come lo vorresti.
Lo sbarco, il ritorno alla fretta di chi deve parcheggiare al tuo posto e poi un grande favore che mi permette di portare comodamente anche la famiglia a godere questi luoghi.
Questo è il nostro andar per mare, il nostro gioco, il nostro ritornare a terra affinchè si possa uscire di nuovo un domani.
Estate o inverno che sia, è bello sapere che è tutto sempre li.
Alla vista bastava cambiare le magliette in dry-suit ed era uguale... cielo grigio, vento da sud-est, onde imponenti e mare colore del piombo.
Però l'aria... l'animo... la temperatura dell'acqua tradivano la presenza dell'estate.
Il risalire nelle onde contro vento era si una battaglia ma di quelle piacevoli, di quelle in cui ti pregusti il ridiscenderle proprio come si fa nello sci alpinismo.
Gli spruzzi o le occasionali "sciacquate" di faccia davano di un mare tiepido.
E poi ad un certo punto dei raggi di luce a spennellare d'oro le onde molto più intenso e verticale che non l'argento dell'inverno, per quanto quest'ultimo sia più luminoso nei miei ricordi (forse per il contrasto nell'inverno rispetto alla poca luce).
Andando verso punta Manara il Baidarka ben pennellato addosso e rigoroso nelle onde, piantato e maestoso, poco incline a scatti in avanti e regolare nel suo passo; l'Anas acuta allegro e "rimbalzino", libellula tra le onde per natura e complice di Antonio che vuole allenarsi per domenica prossima.
Si risale decisi poi quattro chiacchere, i 5 minuti salottieri, il solito mare sgombro di barche a ricordare che non siamo più un popolo di navigatori, la piacevole solitudine e soddisfazione di essere tra i pochi che si avventurano su queste acque.
Al ritorno il Baidarka vuole correre, tutte le onde sono sue e la sensazione di controllo è inebriante, scii preciso su un pendio regolare e prevedibile, ti viene voglia di fare movimenti eleganti e precisi, vorresti più onda o del fondale che metta le onde belle diritte per spingerti... ma sei al largo e ti godi il mare così com'è.
L'Anas segue più arzigogolato, più birbone come cercasse una cunetta inaspettata per costringere Antonio ad essere comunque attento.
Si passa per il mare piccolo di Sestri, tanto pittoresco e mignon ... quanto incazzoso di vento nonostante non ce ne sia donde.
Il ritorno alla baia grande, i giochi, il suggellare il nostro legame con l'acqua e la ricerca del gesto che non è mai perfetto abbastanza come lo vorresti.
Lo sbarco, il ritorno alla fretta di chi deve parcheggiare al tuo posto e poi un grande favore che mi permette di portare comodamente anche la famiglia a godere questi luoghi.
Questo è il nostro andar per mare, il nostro gioco, il nostro ritornare a terra affinchè si possa uscire di nuovo un domani.
Estate o inverno che sia, è bello sapere che è tutto sempre li.
venerdì 16 maggio 2008
Una giornata con Nigel
Sono partito da casa alle 9.00 con il fido Baidarka sul tetto (in compagnia del prototipo Avanaq da restituire a Resinvetro) e poco dopo le 13 ero al camping del Bibione kayak.
Al camping incontro Kai Readisch che mi aiuta a mettere a terra i kayak e faccio conoscenza con Nigel Foster e sua moglie Kristin.
Dopo aver fatto 4 chiacchere l'uscita delle 14.00 incombe e mi ritrovo con il pesante Baidarka lontano dal punto di imbarco.
Chiedo a Nigel aiuto per il trasporto e lui si presta.
Il kayak è pesante e subito mi rendo conto che sono arrivato al cospetto di un istruttore di fama mondiale e gli sto facendo fare da caddy... faccio le dovute scuse da lui accettate con un sorriso e le mani giunte all'orientale e poi tutti assieme ci imbarchiamo.
In quella incontro, di ritorno da una pagaiata, il Tino e l'Ignazio (quest'ultimo divertito nel vedere come ho messo al lavoro il "caddy") e il Tino subito mi spiega che "la fuori ci sono delle onde da non credere...".
Io + Nigel + Kirstin + Maurizia (la moglie di Giorgio) + un altro kayakista pagiaiamo fuori dal canale dietro il camping e arriviamo alla spiaggia .
In effetti il basso fondale di sabbia frastagliato di isolotti e canali dragati era battuto da onde frangenti spinte da un bel vento di mare.
Sbarchiamo su un isolotto, Nigel si guarda un po' in giro e poi parte a spiegarci con grande semplicità la dinamica delle onde attorno a noi.
Maurizia e Kristin optano per una lezione nella zona tranquilla; io + Nigel e l'altro canoista ci imbarchiamo e ci dirigiamo all'esterno.
Le onde la fuori sono toste ma pienamente affrontabili (almeno di prua), prendo qualche "facciata" d'acqua e arriviamo al largo.
Io sono fradicio e Nigel non si è nemmeno bagnato la maglietta....
Nigel ci fa girare e ci dice di tornare verso terra, ricordandoci che questo è un "gentle surf" e che "the waves may look big but they are not".
Una volta che il mare è di poppa le onde mi sembrano comunque grandi, mi innervosisco un po' ma poi, ragionando sul fatto che sono con un istruttore di fama mondiale per capacità ed attenzione, mi convinco che va tutto bene (it's a gentle surf...) e mi concentro sul da farsi.
Parto, arriva un onda, do le 4 pagaiate consigliate da Nigel e subito sento il Baidarka alzarsi in poppa partire, accelera, accelera ancora, metto la pagaia sull'acqua che sembra di cemento (scorre veloce) e mi stupisco nel vedere come sia progressivo e facile rimanere li su quell'onda. La velocità è di un ordine superiore a quelle mai provate da me finora.
In un attimo sono quasi a terra, il fondale è di 20-30 cm, arriva un'altra onda, bassa ma proprio verticale (non c'è fondo) e di nuovo la prendo e schizzo in avanti... mi stupisco di nuovo per la velocità e per non essermi impuntato... un vero "calcinculo" marino.
Mi giro è vedo il terzo canoista che nuota con Nigel che si appresta a recuperarlo.
Passiamo altre due ore così, dopo un po' sono del tutto a mio agio, mi appoggio in continuo a destra e a manca, surfo, esco dalla linea delle onde e lascio che il Baidarka salti all'indietro dell'onda che avanza, altre volte aggancio dei bei frangenti laterali e mi faccio tirare parallelo all'onda per 100-150 m.
Una volta per la velocità vedo all'ultimo momento un palo che segnala un canale dragato e per poco non mi stampo.
Intanto Nigel lavora in continui recuperi dell'altro canoista (che meno a suo agio di me dimostra grande coraggio nel provare e riprovare) oppure mi "gasa" facendomi di quando in quando dei segni di OK o gridandomi "perfect, you are doing it well".
Solo una volta disapprova quando gli dico "sai com'è ... a me il fondale fa paura... infatti ho degli amici che mi vorrebbero portare in fiume ma non ci vado per timore delle rocce".. lui scrolla la testa e mi dice "this is not possible, this is a mistake, it is sooo fun in the river".
Chiude il discorso dicendomi "anyway here is all water and no rocks, you can play relaxed"
Il Baidarka, impressionante per quanto è duro da girare nelle onde, impressiona però anche per come sta in rotta, talvolta faccio 200-300 m sparato con la pagaia alta sopra la testa.
Capisco percè è stato definito "a surfboard you can sit in" (una tavola da surf in cui ti puoi sedere dentro)
Alla fine ritorniamo a spiaggia e Nigel sbarca alzandosi in piedi sul kayak, mi guarda .... e io faccio lo stesso!
Rimane un po' sorpreso ... ma subito gli confesso "ho visto un tuo video dove fai questa manovra e l'ho provata tante volte e adesso ci riesco".
Sorride e dice "... now I understand..."
Faccio ancora due surfate con Kristin che nel frattempo ci ha raggiunto (e subito la perdo perchè la fanciulla risale le onde come un treno).
Poi torniamo tutti assieme verso il camping, nel canale Nigel mostra diversi modi di girare il kayak mettendo il vari punti la pagaia a mo' di perno.
Non capisco bene come faccia ma mi adeguo e sorrido.
In definitiva: un grande istruttore, un grande fifone io che però tirato dalla sua autorevolezza ho potuto finalmente fare surf vero e proprio.
Complimenti a Giorgio Sartori per aver organizzato questo bell'evento.
Speriamo di avere altre occasioni perchè mi sono proprio divertito.
Al camping incontro Kai Readisch che mi aiuta a mettere a terra i kayak e faccio conoscenza con Nigel Foster e sua moglie Kristin.
Dopo aver fatto 4 chiacchere l'uscita delle 14.00 incombe e mi ritrovo con il pesante Baidarka lontano dal punto di imbarco.
Chiedo a Nigel aiuto per il trasporto e lui si presta.
Il kayak è pesante e subito mi rendo conto che sono arrivato al cospetto di un istruttore di fama mondiale e gli sto facendo fare da caddy... faccio le dovute scuse da lui accettate con un sorriso e le mani giunte all'orientale e poi tutti assieme ci imbarchiamo.
In quella incontro, di ritorno da una pagaiata, il Tino e l'Ignazio (quest'ultimo divertito nel vedere come ho messo al lavoro il "caddy") e il Tino subito mi spiega che "la fuori ci sono delle onde da non credere...".
Io + Nigel + Kirstin + Maurizia (la moglie di Giorgio) + un altro kayakista pagiaiamo fuori dal canale dietro il camping e arriviamo alla spiaggia .
In effetti il basso fondale di sabbia frastagliato di isolotti e canali dragati era battuto da onde frangenti spinte da un bel vento di mare.
Sbarchiamo su un isolotto, Nigel si guarda un po' in giro e poi parte a spiegarci con grande semplicità la dinamica delle onde attorno a noi.
Maurizia e Kristin optano per una lezione nella zona tranquilla; io + Nigel e l'altro canoista ci imbarchiamo e ci dirigiamo all'esterno.
Le onde la fuori sono toste ma pienamente affrontabili (almeno di prua), prendo qualche "facciata" d'acqua e arriviamo al largo.
Io sono fradicio e Nigel non si è nemmeno bagnato la maglietta....
Nigel ci fa girare e ci dice di tornare verso terra, ricordandoci che questo è un "gentle surf" e che "the waves may look big but they are not".
Una volta che il mare è di poppa le onde mi sembrano comunque grandi, mi innervosisco un po' ma poi, ragionando sul fatto che sono con un istruttore di fama mondiale per capacità ed attenzione, mi convinco che va tutto bene (it's a gentle surf...) e mi concentro sul da farsi.
Parto, arriva un onda, do le 4 pagaiate consigliate da Nigel e subito sento il Baidarka alzarsi in poppa partire, accelera, accelera ancora, metto la pagaia sull'acqua che sembra di cemento (scorre veloce) e mi stupisco nel vedere come sia progressivo e facile rimanere li su quell'onda. La velocità è di un ordine superiore a quelle mai provate da me finora.
In un attimo sono quasi a terra, il fondale è di 20-30 cm, arriva un'altra onda, bassa ma proprio verticale (non c'è fondo) e di nuovo la prendo e schizzo in avanti... mi stupisco di nuovo per la velocità e per non essermi impuntato... un vero "calcinculo" marino.
Mi giro è vedo il terzo canoista che nuota con Nigel che si appresta a recuperarlo.
Passiamo altre due ore così, dopo un po' sono del tutto a mio agio, mi appoggio in continuo a destra e a manca, surfo, esco dalla linea delle onde e lascio che il Baidarka salti all'indietro dell'onda che avanza, altre volte aggancio dei bei frangenti laterali e mi faccio tirare parallelo all'onda per 100-150 m.
Una volta per la velocità vedo all'ultimo momento un palo che segnala un canale dragato e per poco non mi stampo.
Intanto Nigel lavora in continui recuperi dell'altro canoista (che meno a suo agio di me dimostra grande coraggio nel provare e riprovare) oppure mi "gasa" facendomi di quando in quando dei segni di OK o gridandomi "perfect, you are doing it well".
Solo una volta disapprova quando gli dico "sai com'è ... a me il fondale fa paura... infatti ho degli amici che mi vorrebbero portare in fiume ma non ci vado per timore delle rocce".. lui scrolla la testa e mi dice "this is not possible, this is a mistake, it is sooo fun in the river".
Chiude il discorso dicendomi "anyway here is all water and no rocks, you can play relaxed"
Il Baidarka, impressionante per quanto è duro da girare nelle onde, impressiona però anche per come sta in rotta, talvolta faccio 200-300 m sparato con la pagaia alta sopra la testa.
Capisco percè è stato definito "a surfboard you can sit in" (una tavola da surf in cui ti puoi sedere dentro)
Alla fine ritorniamo a spiaggia e Nigel sbarca alzandosi in piedi sul kayak, mi guarda .... e io faccio lo stesso!
Rimane un po' sorpreso ... ma subito gli confesso "ho visto un tuo video dove fai questa manovra e l'ho provata tante volte e adesso ci riesco".
Sorride e dice "... now I understand..."
Faccio ancora due surfate con Kristin che nel frattempo ci ha raggiunto (e subito la perdo perchè la fanciulla risale le onde come un treno).
Poi torniamo tutti assieme verso il camping, nel canale Nigel mostra diversi modi di girare il kayak mettendo il vari punti la pagaia a mo' di perno.
Non capisco bene come faccia ma mi adeguo e sorrido.
In definitiva: un grande istruttore, un grande fifone io che però tirato dalla sua autorevolezza ho potuto finalmente fare surf vero e proprio.
Complimenti a Giorgio Sartori per aver organizzato questo bell'evento.
Speriamo di avere altre occasioni perchè mi sono proprio divertito.
giovedì 31 gennaio 2008
MARE D’INVERNO
Il mare d'inverno rivela se stesso. Nulla a che vedere con quello specchio blu, con quell'orizzonte sereno, che si fonde con il cielo d' estate.I n inverno è una fiera acquattata, pronta al balzo. Lo guardi e capisci che non gradisce scherzi. Lui è mutevole, bizzo, improvviso, sfuggente, indecifrabile, capace di trasformare in meno di un'ora una passeggiata in una battaglia. L'inverno è la sua stagione, la stagione del mare! Il suo fascino antico ti penetra. Come lo lasci, te lo ritrovi dentro come un richiamo magnetico. Senti di aver bisogno di mare, di guardare laggiù in fondo, di sognare altre terre, di solcare altre onde, di guardare altre coste. Se non lo vedi, se non tocchi quell'acqua fredda e non annusi quell'aria mista di gelo e di tepori nascosti, ti manca qualcosa. Noi tanti che abbiamo avuto modo di frequentarlo in inverno, ci siamo fatti rapire ed imprigionare. Ci si sente sempre in difetto di tempo. Giornate corte, gite veloci, massima attenzione alla situazione meteo: tutti tranelli, che costringono a dedicarglisi part time. Un tempo limitato ma prezioso e si entra in un mondo magico di luci. Momenti di luce irreale, siderale, antica, che arriva da epoche primordiali. Una luce che hanno visto i dinosauri, ominidi di chissà quale epoca! Luce astratta, anomala, lanciata da cieli profondi, lontani, dai colori tenui ed esplosivi, dalle sfumature impossibili e marcate, quasi fluò! Un mare da impressionisti, da sperimentatori, da esploratori. Ci si sente nella parte, nonostante i ridicoli ammenicoli dell'era moderna. Ci imprigioniamo in quei fagotti stupidi ed utili, da uomini abituati alle mollezze della nostra epoca. L'inverno e il mare si vogliono bene e giocano a fare baruffa. Il vento fa da terzo incomodo e ci mette la malignità di chi sa come muoversi per far confusione. Mare che si muove, che si agita, che non sa star fermo. Onde che rincorrono altre onde e rimbalzano da chissà dove, fino a terra. Kayak che scalano pareti, che affondano in valloni scoscesi, per riemergere sorpresi di stare a galla. Prue che scompaiono dentro ad un'acqua impazzita, che arriva dappertutto, senza ordine e senza regole. Montagne di acqua viva, esplosiva! Si naviga su un rimescolamento di acque da sopra e da sotto, in un mondo tinto di grigio, per ritornare con gli occhi nel sole e nel vento.
Per molti di noi il ricordo del mare è questo : un mare d'inverno !
(testo by A.Colantuoni)
Per molti di noi il ricordo del mare è questo : un mare d'inverno !
(testo by A.Colantuoni)
sabato 19 gennaio 2008
Vento!
Il 16 dicembre quattro valorosi sono usciti a Sestri Levante su un bel mare spazzato da vento da terra (il meteo dirà poi "strong breeze" ovvero forza 6 pari a 27 nodi con folate sino a 70km/h) e hanno dovuto faticare un bel po'.
Gli amici kayaker da acqua bianca hanno "venduto cara la pelle" e fatto un'ottima figura; esaltata dal fatto che hanno dovuto combattere conun elemento per loro normalmente trascurabile: il vento! (e con pagaie non proprio ottimizzate per quelle condizioni). L'acqua non si muoveva più di tanto (il vento da terra non fa onda se nonal largo) e quindi i loro tradizionali skill erano di poco aiuto. Un urrah! per la grande performance.
L' "ancient mariner" nonostante fosse dotato di pagaia adatta al vento ha tirato di suo diverse imprecazioni, è stato quasi buttato giù dal vento, è finito in appoggio col vento sulla pancia dello scafo, considerato con fifa lo scenario di finire soffiato a scogli e realizzato che era impossibile aiutare gli altri.
Siamo invece arrivati tutti per bene e la fatica è stata poi ampiamente ripagata da una sosta all ' "osteria della mattana" dove spaghetti con cozze e molluschi, polpi, acciughe, verdure ripiene, patate, frizzantino etc. proprio non ce li siamo fatti mancare....
Qualcuno ha inoltre sfoggiato una "insuperabile eleganza"...
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