venerdì 12 ottobre 2012
Leudo ligure del primo novecento
Caricavano di qua e andavano fin la': acciughe, vino...quello che poteva servire a barattare qualcosa per sopravvivere. A vela latina e quando serviva ci si dava di remo. Da Sestri Levante andavano all'Elba, alla Gorgona... Inseguivano i "balun de ancioe" nei mesi buoni; era una gara con i tonni, se le rubavano e facevano a chi ne catturava di piu'. Andavano poveri e ritornavano con l'idea di esserlo un po'meno. Il mare era una grande strada e una ruota della fortuna. Capelli neri, occhi di fuoco, barbe incolte, brache larghe, canottiere bianche, sguardo fiero. Incontravano amori e morte , felicita' e disgrazia. Andavano, che restare era come arrendersi e non si poteva con quelle famiglie piene di figli . Su quei legni sono sopravvissute generazioni di pescatori e commercianti. Adesso i leudi li ancorano come vedettes al Salone Nautico di Genova.
In mezzo a Yacht milionari loro dondolano quieti, scricchiolano , le cime gemono , forse ricordano con nostalgia quando piu' che ammirati da un popolo di incapaci, erano protagonisti della commedia della vita . Adesso sono li' inerti, imbellettati come vecchie bagasce ,accarezzati da panni soffici, profumati di vernice sintetica. Il loro odore di fatica lo ricordano con rimpianto: niente vino versato nella sentina, niente umore di pesce marcio e acqua salmastra putrida. Se ne stanno accaldati sotto a questo sole autunnale figlio di un'altra epoca. Immersi in una quiete da museo, attraccati dentro ad una darsena protetta, infilati all'interno del porto della Superba, sembrano ancora aspettare una partenza . Dovrebbero essere intimiditi dal viavai di tutti quei traghetti che passano e da quelle montagne di container che li sfiorano. Ma il loro vecchio legno sa che quando quelli non saranno che rottame da fonderia, a loro bastera' la mano di "Don Matteo" per ritornare a nuova gioventu'! ..."...Umbre de muri , muri de majne', .. duve ne vegni' e duve l'e' che anee ..." ( Ombre di facce, facce di marinai, da dove ne venite, dove andate)...lo cantava Fabrizio De Andre'. Al leudo piace quella musica e ricordare i suoi marinai, tutti diversi ma tutti con la pelle uguale, rigata dal sole e cotta dalla salsedine: erano forti, avevano muscoli di acciaio. Adesso sentono il passo di scarpe tecniche e voci di mezzi uomini con le braghe strette, che parlano con la "evremoscia" di cose che non conoscono. Dove sono quei piedi duri come cuoio e quelle mani forti come tenaglie? La vecchiaia accatasta ricordi e alla fine per qualcuno galleggiano quelli piu' rosa. Il tempo esige pazienza e pretende saggezza, ma l'anima di quelle tavole spesse non si arrende . La forza di quei vecchi alberi racconta una potenza mai domata e un desiderio di mare mai esaurito. La' in mezzo a quel brillare di cromature e sberluccicare sinistro di carbon kevlar, sanno di essere i piu' dotati per resistere all'assalto del libeccio e dello scirocco. Le loro forme accasciate sono grasse, tornite come le chiappe delle donne di un popolo che fu. Mezzi gusci di noci enormi spaccate in due, sono grembi materni nati per proteggere tutti i loro figli. I leudi sono barche senza tempo, scafi per sempre . Si fa tardi, il mio tempo e' breve , devo andare. So che non riusciro' mai a navigare su uno di quei leudi: peccato! Ciao amici! Non sapete chi sia Don Matteo? Chiedete a Gaetano....
Testo by Antonio
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